È il primo maggio 1990.
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È il primo maggio 1990. Mentre in Italia ci stiamo preparando ai mondiali di calcio di Baggio e Schillaci, la rete di antenne radio della NASA riceve dalla sonda Voyager 1 una serie di fotografie scattate tre mesi prima e non previste dal programma della missione. Una di queste, a prima vista poco appariscente, è destinata a entrare nella storia.
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È il primo maggio 1990. Mentre in Italia ci stiamo preparando ai mondiali di calcio di Baggio e Schillaci, la rete di antenne radio della NASA riceve dalla sonda Voyager 1 una serie di fotografie scattate tre mesi prima e non previste dal programma della missione. Una di queste, a prima vista poco appariscente, è destinata a entrare nella storia.
Delle due fotocamere di Voyager 1 si usa quella con risoluzione più alta e angolo di visuale più stretto. Il 14 febbraio 1990 la sonda si trova a 6 miliardi di km dalla Terra, 40 volte la distanza tra la Terra e il Sole, e si sta allontanando a 64.000 chilometri all’ora. Da qui si vedrà pochissimo, ma Sagan intuisce che proprio per questo la foto è importante: ci farà riflettere e sulla nostra vulnerabilità e posizione nell’universo. Il valore simbolico dell’immagine si rivelerà incalcolabile.
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Delle due fotocamere di Voyager 1 si usa quella con risoluzione più alta e angolo di visuale più stretto. Il 14 febbraio 1990 la sonda si trova a 6 miliardi di km dalla Terra, 40 volte la distanza tra la Terra e il Sole, e si sta allontanando a 64.000 chilometri all’ora. Da qui si vedrà pochissimo, ma Sagan intuisce che proprio per questo la foto è importante: ci farà riflettere e sulla nostra vulnerabilità e posizione nell’universo. Il valore simbolico dell’immagine si rivelerà incalcolabile.
La foto è composta da 640.000 pixel. La Terra è così piccola che occupa meno di un pixel (circa un decimo di pixel, secondo i calcoli della NASA). Come in tutte le fotografie della Terra dallo spazio, il suo colore è azzurro a causa della diffusione di Rayleigh attraverso l’atmosfera. Per questo Carl Sagan la chiamerà “Pale Blue Dot” (“puntino celeste”).
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La foto è composta da 640.000 pixel. La Terra è così piccola che occupa meno di un pixel (circa un decimo di pixel, secondo i calcoli della NASA). Come in tutte le fotografie della Terra dallo spazio, il suo colore è azzurro a causa della diffusione di Rayleigh attraverso l’atmosfera. Per questo Carl Sagan la chiamerà “Pale Blue Dot” (“puntino celeste”).
La grande distanza dal nostro pianeta impone un lungo tempo di esposizione per catturare la debole luminosità della Terra. Quando l’immagine viene trasmessa al controllo missione, impiega cinque ore e mezza solo per arrivare a destinazione, viaggiando alla velocità della luce.
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La grande distanza dal nostro pianeta impone un lungo tempo di esposizione per catturare la debole luminosità della Terra. Quando l’immagine viene trasmessa al controllo missione, impiega cinque ore e mezza solo per arrivare a destinazione, viaggiando alla velocità della luce.
Dato che la potenza elettrica prodotta dai generatori a radioisotopi della sonda diminuisce di continuo e che gli altri strumenti hanno bisogno di energia elettrica, al termine di questa serie di scatti la NASA spegne per sempre le fotocamere della sonda. Dopo averci visti per l’ultima volta, Voyager 1 prosegue il suo cammino a occhi chiusi.
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Dato che la potenza elettrica prodotta dai generatori a radioisotopi della sonda diminuisce di continuo e che gli altri strumenti hanno bisogno di energia elettrica, al termine di questa serie di scatti la NASA spegne per sempre le fotocamere della sonda. Dopo averci visti per l’ultima volta, Voyager 1 prosegue il suo cammino a occhi chiusi.
Oggi sono passati 35 anni dalla fotografia del puntino azzurro e 48 dall’inizio della missione e Voyager 1 è ancora viva e comunica con il controllo missione della NASA, nonostante continui a essere bombardata dalle radiazioni cosmiche e abbia sempre meno energia a disposizione. A 25 miliardi di km dalla Terra è l’oggetto costruito dall’umanità più lontano da noi, è ormai entrata nello spazio interstellare e continua il suo viaggio verso l’ignoto.
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Oggi sono passati 35 anni dalla fotografia del puntino azzurro e 48 dall’inizio della missione e Voyager 1 è ancora viva e comunica con il controllo missione della NASA, nonostante continui a essere bombardata dalle radiazioni cosmiche e abbia sempre meno energia a disposizione. A 25 miliardi di km dalla Terra è l’oggetto costruito dall’umanità più lontano da noi, è ormai entrata nello spazio interstellare e continua il suo viaggio verso l’ignoto.
Nel suo libro del 1994 “Pale Blue Dot” Carl Sagan commenta così la fotografia:
«Guardate ancora quel puntino. È qui. È casa. È noi. Su di esso, tutti coloro che amate, tutti coloro che conoscete, tutti coloro di cui avete mai sentito parlare, ogni essere umano che sia mai esistito, hanno vissuto la propria vita. L'insieme delle nostre gioie e dolori, migliaia di religioni, ideologie e dottrine economiche, così sicure di sé, ogni cacciatore e raccoglitore, -
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