Sono lì nella casa dove ci trasferiremo, al buio, con terzogenita che mi illumina usando la torcia in modo che io riesca a finire di montare le prese elettriche e i pulsanti di accensione delle luci. È buio perché ho staccato l'impianto della luce per fare questi lavori.
A un certo punto terzogenita mi chiede l'indirizzo esatto della casa in cui siamo. “Non te lo ricordi ancora eh” le rispondo sorridendo, e poi le dico l'indirizzo, il civico e l'interno. Continuo ad avvitare e spellare fili e dopo un po' le chiedo come mai voleva saperlo, proprio in quel momento.
“Perché – mi spiega – nella mia testa mi sto già organizzando per quando resterai fulminato. Con un bastone di legno ti allontanerò dai fili che stai tenendo in mano e poi telefonerò al pronto soccorso; quindi mi serviva l'indirizzo preciso per dirlo poi agli operatori”.
Deglutisco. Alzo gli occhi a scutare nel buio, vedo il candore dei suoi denti aperti in una risata.