Il fungo che sfida il gelo invernale, Flammulina velutipes
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Quando il gelo trasforma i boschi in un paesaggio immobile e silenzioso e quasi tutte le specie fungine hanno concluso il loro ciclo vitale, Flammulina velutipes compare come un'eccezione luminosa. Conosciuta anche come "fungo dell'olmo" o "agarico vellutato", è uno dei pochi sporocarpi che danno il meglio proprio quando le temperature si abbassano. Per chi si occupa di micologia e per chi ama cercare funghi anche d’inverno, la sua presenza rappresenta una sorpresa incoraggiante, un segno che la vita nel bosco non si ferma mai del tutto. La sua capacità di adattarsi a condizioni estreme lo rende un simbolo di resilienza: fruttifica su legno morto o debilitato, anche quando la superficie è ricoperta di ghiaccio, e riprende a crescere non appena le temperature si alzano leggermente. Il nome scientifico ne descrive con precisione le caratteristiche. Flammulina richiama la "fiamma" (flamma), un'immagine evocata dal colore caldo del cappello che spazia dal giallo dorato all'arancio-bruno, creando un contrasto vivace con l'ambiente invernale. velutipes, dal latino velutinus (vellutato) e pes (piede), descrive invece il gambo scuro e soffice nella parte inferiore, una sorta di "calza" vellutata che la rende inconfondibile.

Immagine in habitat di Flammulina velutipes, dopo una nevicata nel mese di Dicembre. Come è fatta
Le dimensioni del cappello di Flammulina velutipes variano dai 2 agli 8 cm di diametro. Inizialmente convesso, con il tempo diventa appianato, mostrando un margine regolare e finemente striato. La sua cuticola, di un vivace colore aranciato con tonalità brunastre al centro, è tipicamente viscida in condizioni di umidità, donandogli un aspetto lucido e laccato. L’imenoforo è composto da lamelle rade e ventricose, di colore biancastro nei giovani esemplari, che tendono al giallo con riflessi aranciati a maturazione. La sporata è bianca. Il gambo, lungo 2-6 cm e spesso 0,5-1 cm, è cilindrico, talvolta eccentrico, e si presenta presto cavo e fistoloso. La superficie, in genere in maniera più evidente alla base, è bruno-nerastra e finemente vellutata, caratteristica che gli conferisce il nome scientifico, mentre l’apice si presenta più chiaro, in genere giallo-aranciato. La carne del fungo è tenera nel cappello e più fibrosa nel gambo, di colore giallognolo e immutabile. L’odore è delicato e gradevole; il sapore è fungino, grato; mai amarognolo.

Dettaglio dello stipite brunastro e vellutato, caratteristico del fungo dell'olmo (J.Machacek) Ambienti di crescita
Flammulina velutipes è un fungo saprotrofo lignicolo, ovvero si sviluppa su legno morto o in decomposizione, sfruttandolo come fonte di nutrimento. La sua predilezione va verso alberi di latifoglie come olmi (Ulmus spp.), pioppi (Populus spp.), frassini (Fraxinus spp.) e salici (Salix spp.). Tuttavia, non è raro trovarlo anche su ceppaie o tronchi di conifere, specialmente in ambienti boschivi misti. Cresce in colonie cespitose, facilmente individuabili su tronchi caduti, ceppaie o rami a terra, spesso in prossimità di corsi d’acqua, dove l’umidità favorisce il suo sviluppo. La sua distribuzione è ampia, abbracciando gran parte delle regioni temperate di Europa, Asia e Nord America.

Flammulina velutipes, fruttificazione su tronchi di legno depositati a terra. Amante del gelo
Un aspetto straordinario dell’Flammulina velutipes è la sua capacità di fruttificare anche nei rigidi mesi invernali, sfruttando le condizioni climatiche tipiche delle zone con climi freddi e inverni nevosi. Questo fungo riesce a svilupparsi in un range di temperature compreso tra lo zero termico e gli 8 °C, condizioni che per molte altre specie risultano proibitive. Tale adattamento è reso possibile dalla produzione di specifiche proteine antigelo (AFP, Antifreeze Proteins), che svolgono un ruolo fondamentale nel prevenire la formazione di cristalli di ghiaccio all’interno delle sue cellule. Queste proteine riducono il punto di congelamento dei fluidi cellulari, preservando l’integrità dei tessuti della Flammulina velutipes anche in condizioni di gelo prolungato.
💡Le Antifreeze Proteins (AFP) sono polipeptidi prodotti da organismi come pesci, piante, insetti, funghi e batteri, fondamentali per sopravvivere a temperature sottozero. Scoperte inizialmente nei pesci antartici, queste proteine si legano ai cristalli di ghiaccio, impedendone la crescita e la ricristallizzazione, proteggendo così le cellule da danni potenzialmente letali. In funghi come Flammulina velutipes, le AFP permettono la fruttificazione a temperature prossime allo zero, bloccando l'espansione dei cristalli nei tessuti fungini. Queste proteine, specifiche e altamente efficienti, creano un’isteresi termica (differenza tra temperature in cui l'acqua congela e si scioglie) che inibisce il congelamento, agendo a basse concentrazioni senza alterare la pressione osmotica delle cellule.L’inverno offre inoltre un vantaggio ecologico significativo per Flammulina velutipes: l’assenza di competizione diretta con altre specie fungine, che cessano di fruttificare alle basse temperature, gli consente di sfruttare in modo esclusivo le risorse del legno in decomposizione. Durante brevi rialzi termici, spesso seguiti da piogge, il micelio accelera le sue attività metaboliche, portando alla rapida formazione di corpi fruttiferi. Questo equilibrio unico tra resistenza al freddo e capacità di crescita opportunistica fa di Flammulina velutipes un esempio affascinante di adattamento evolutivo alle sfide della stagione fredda.

Dettaglio del velo glutinoso che protegge Flammulina velutipes da temperature sotto lo zero. Delizia del gelo?
Dal punto di vista gastronomico, Flammulina velutipes è considerato un buon commestibile, ma deve essere consumato previa cottura, poiché consumata cruda o poco cotta può risultare indigesta. In cucina si utilizza principalmente il cappello, che ha una consistenza tenera, mentre il gambo è generalmente scartato a causa della sua natura fibrosa. Questo fungo si presta a numerose preparazioni, come zuppe e risotti, grazie al suo sapore delicato e fungino, perfetto per i piatti invernali.
💡Nonostante la sua attitudine, i cicli di gelo e disgelo possono compromettere la struttura del fungo, portando a una consistenza più molle e a un deterioramento generale. Questo potrebbe rendere il fungo meno appetibile o più difficile da lavorare in cucina, e pertanto la valutazione oggettiva del raccolto dev'esser sempre scrupolosa. Flammulina velutipes è specie sicura al consumo alimentare, ma qualora fossero cucinati esemplari in cattive condizioni, potrebbero causare disturbi gastrointestinali, come nausea, crampi o diarrea.
Flammulina velutipes, esemplari ancora turgidi e vividi, dopo la fusione della neve caduta. Specie simili e rischi di confusione
Il genere Flammulina comprende diverse specie, anche se Flammulina velutipes è quella più conosciuta e studiata. Simili per caratteri morfologici e anch’esse commestibili, sebbene meno frequenti, nel territorio italiano si possono trovare: Flammulina fennae (con un cappello dai toni più chiari, tendenti al biancastro), Flammulina elastica (di dimensioni più ridotte e con un gambo meno vellutato), Flammulina ononidis (una specie rara, che cresce principalmente in associazione con residui vegetali di Ononis spinosa) e Flammulina rossica (rara o raramente studiata, e probabilmente più diffusa nelle aree montane del nord Italia). Facendo riferimento generico al nostro agarico vellutato o fungo dell'olmo, Flammulina velutipes può essere grossolanamente scambiata anche con altre specie fungine lignivore, alcune delle quali anche tossiche. In inverno, esemplari coraggiosi dell'agarico zolfino, falso chiodino o Hypholoma fasciculare possono fruttificare e presentarsi con colorazioni del cappello più aranciato cariche, ma non sono mai ricoperte di un velo viscoso traslucido; inoltre il gambo è di colore giallo, le lamelle sono grigio-verdastre e il sapore delle carni è amarognolo. La velenosa mortale Galerina marginata è un fungo di dimensioni più ridotte e dalla consistenza più fragile; presenta un piccolo anello biancastro sul gambo, lamelle e sporata color ocra, odore delle carni farinaceo. La commestibile Kuehneromyces mutabilis, molto simile alla mortale Galerina marginata, può fruttificare fino alle soglie della primavera: rispetto a Flammulina velutipes, il cappello ha tonalità più calde, tendenti al miele, ed è spesso ornato da un velo sottile, ma non traslucido; le lamelle sono biancastre e poi ocracee; il gambo, inoltre, è bruno-giallastro, dotato di un anello e ricoperto da squamette nel terzo inferiore.

Kuheneromyces mutabilis, una specie abbastanza frequente nella stagione primaverile. Enokitake: la sua forma "coltivata"
Flammulina velutipes non è solo un fungo selvatico affascinante, ma anche una specie largamente coltivata per scopi alimentari. Nella sua versione commerciale, è conosciuta con il nome di "enokitake" ed è particolarmente apprezzata in Giappone, Corea e Cina, dove rappresenta un ingrediente cardine della cucina tradizionale. La forma coltivata (ad oggi, nota anche come Flammulina filiformis) si presenta molto diversa da quella selvatica: gambi sottili, lunghi e bianchi, e cappelli così piccoli da essere quasi impercettibili. La forma caratteristica dell’enokitake è il prodotto di tecniche specifiche di coltivazione che alterano le caratteristiche naturali del fungo, come ad esempio la crescita al buio o con luce minima, che, inibendo la produzione di pigmenti (come i carotenoidi), responsabili della colorazione aranciata del cappello nella forma selvatica, induce la crescita di esemplari completamente bianchi. Inoltre, durante la coltivazione, l’aria viene mantenuta con livelli di CO₂ artificialmente elevati. Questa condizione stimola l’elongazione dei gambi, un fenomeno noto come "etiolazione": l’aumento della CO₂ simula l’ambiente in cui il fungo competerebbe per la luce, spingendolo a crescere verso l’alto alla ricerca di una fonte luminosa. Infine, i funghi vengono coltivati in contenitori stretti, come bottiglie o cilindri, che limitano lo spazio disponibile e favoriscono la crescita lineare dei gambi, evitando che si sviluppino lateralmente o che i cappelli si espandano completamente.
💡Cosa determina queste differenze? Le variazioni morfologiche tra la forma selvatica e quella coltivata dell’enokitake sono il risultato della plasticità fenotipica di Flammulina velutipes. Questo fenomeno permette al fungo di modificare il proprio sviluppo in risposta all’ambiente. In natura, la luce, il libero spazio e la competizione per le risorse determinano l’aspetto robusto e pigmentato della specie. In coltivazione, invece, l’assenza di stimoli esterni e le condizioni artificiali portano alla forma lunga, bianca e delicata dell’enokitake.
Enokitake, forma coltivata di Flammulina velutipes, ad oggi nota come Flammulina filiformis. -
Quando il gelo trasforma i boschi in un paesaggio immobile e silenzioso e quasi tutte le specie fungine hanno concluso il loro ciclo vitale, Flammulina velutipes compare come un'eccezione luminosa. Conosciuta anche come "fungo dell'olmo" o "agarico vellutato", è uno dei pochi sporocarpi che danno il meglio proprio quando le temperature si abbassano. Per chi si occupa di micologia e per chi ama cercare funghi anche d’inverno, la sua presenza rappresenta una sorpresa incoraggiante, un segno che la vita nel bosco non si ferma mai del tutto. La sua capacità di adattarsi a condizioni estreme lo rende un simbolo di resilienza: fruttifica su legno morto o debilitato, anche quando la superficie è ricoperta di ghiaccio, e riprende a crescere non appena le temperature si alzano leggermente. Il nome scientifico ne descrive con precisione le caratteristiche. Flammulina richiama la "fiamma" (flamma), un'immagine evocata dal colore caldo del cappello che spazia dal giallo dorato all'arancio-bruno, creando un contrasto vivace con l'ambiente invernale. velutipes, dal latino velutinus (vellutato) e pes (piede), descrive invece il gambo scuro e soffice nella parte inferiore, una sorta di "calza" vellutata che la rende inconfondibile.

Immagine in habitat di Flammulina velutipes, dopo una nevicata nel mese di Dicembre. Come è fatta
Le dimensioni del cappello di Flammulina velutipes variano dai 2 agli 8 cm di diametro. Inizialmente convesso, con il tempo diventa appianato, mostrando un margine regolare e finemente striato. La sua cuticola, di un vivace colore aranciato con tonalità brunastre al centro, è tipicamente viscida in condizioni di umidità, donandogli un aspetto lucido e laccato. L’imenoforo è composto da lamelle rade e ventricose, di colore biancastro nei giovani esemplari, che tendono al giallo con riflessi aranciati a maturazione. La sporata è bianca. Il gambo, lungo 2-6 cm e spesso 0,5-1 cm, è cilindrico, talvolta eccentrico, e si presenta presto cavo e fistoloso. La superficie, in genere in maniera più evidente alla base, è bruno-nerastra e finemente vellutata, caratteristica che gli conferisce il nome scientifico, mentre l’apice si presenta più chiaro, in genere giallo-aranciato. La carne del fungo è tenera nel cappello e più fibrosa nel gambo, di colore giallognolo e immutabile. L’odore è delicato e gradevole; il sapore è fungino, grato; mai amarognolo.

Dettaglio dello stipite brunastro e vellutato, caratteristico del fungo dell'olmo (J.Machacek) Ambienti di crescita
Flammulina velutipes è un fungo saprotrofo lignicolo, ovvero si sviluppa su legno morto o in decomposizione, sfruttandolo come fonte di nutrimento. La sua predilezione va verso alberi di latifoglie come olmi (Ulmus spp.), pioppi (Populus spp.), frassini (Fraxinus spp.) e salici (Salix spp.). Tuttavia, non è raro trovarlo anche su ceppaie o tronchi di conifere, specialmente in ambienti boschivi misti. Cresce in colonie cespitose, facilmente individuabili su tronchi caduti, ceppaie o rami a terra, spesso in prossimità di corsi d’acqua, dove l’umidità favorisce il suo sviluppo. La sua distribuzione è ampia, abbracciando gran parte delle regioni temperate di Europa, Asia e Nord America.

Flammulina velutipes, fruttificazione su tronchi di legno depositati a terra. Amante del gelo
Un aspetto straordinario dell’Flammulina velutipes è la sua capacità di fruttificare anche nei rigidi mesi invernali, sfruttando le condizioni climatiche tipiche delle zone con climi freddi e inverni nevosi. Questo fungo riesce a svilupparsi in un range di temperature compreso tra lo zero termico e gli 8 °C, condizioni che per molte altre specie risultano proibitive. Tale adattamento è reso possibile dalla produzione di specifiche proteine antigelo (AFP, Antifreeze Proteins), che svolgono un ruolo fondamentale nel prevenire la formazione di cristalli di ghiaccio all’interno delle sue cellule. Queste proteine riducono il punto di congelamento dei fluidi cellulari, preservando l’integrità dei tessuti della Flammulina velutipes anche in condizioni di gelo prolungato.
💡Le Antifreeze Proteins (AFP) sono polipeptidi prodotti da organismi come pesci, piante, insetti, funghi e batteri, fondamentali per sopravvivere a temperature sottozero. Scoperte inizialmente nei pesci antartici, queste proteine si legano ai cristalli di ghiaccio, impedendone la crescita e la ricristallizzazione, proteggendo così le cellule da danni potenzialmente letali. In funghi come Flammulina velutipes, le AFP permettono la fruttificazione a temperature prossime allo zero, bloccando l'espansione dei cristalli nei tessuti fungini. Queste proteine, specifiche e altamente efficienti, creano un’isteresi termica (differenza tra temperature in cui l'acqua congela e si scioglie) che inibisce il congelamento, agendo a basse concentrazioni senza alterare la pressione osmotica delle cellule.L’inverno offre inoltre un vantaggio ecologico significativo per Flammulina velutipes: l’assenza di competizione diretta con altre specie fungine, che cessano di fruttificare alle basse temperature, gli consente di sfruttare in modo esclusivo le risorse del legno in decomposizione. Durante brevi rialzi termici, spesso seguiti da piogge, il micelio accelera le sue attività metaboliche, portando alla rapida formazione di corpi fruttiferi. Questo equilibrio unico tra resistenza al freddo e capacità di crescita opportunistica fa di Flammulina velutipes un esempio affascinante di adattamento evolutivo alle sfide della stagione fredda.

Dettaglio del velo glutinoso che protegge Flammulina velutipes da temperature sotto lo zero. Delizia del gelo?
Dal punto di vista gastronomico, Flammulina velutipes è considerato un buon commestibile, ma deve essere consumato previa cottura, poiché consumata cruda o poco cotta può risultare indigesta. In cucina si utilizza principalmente il cappello, che ha una consistenza tenera, mentre il gambo è generalmente scartato a causa della sua natura fibrosa. Questo fungo si presta a numerose preparazioni, come zuppe e risotti, grazie al suo sapore delicato e fungino, perfetto per i piatti invernali.
💡Nonostante la sua attitudine, i cicli di gelo e disgelo possono compromettere la struttura del fungo, portando a una consistenza più molle e a un deterioramento generale. Questo potrebbe rendere il fungo meno appetibile o più difficile da lavorare in cucina, e pertanto la valutazione oggettiva del raccolto dev'esser sempre scrupolosa. Flammulina velutipes è specie sicura al consumo alimentare, ma qualora fossero cucinati esemplari in cattive condizioni, potrebbero causare disturbi gastrointestinali, come nausea, crampi o diarrea.
Flammulina velutipes, esemplari ancora turgidi e vividi, dopo la fusione della neve caduta. Specie simili e rischi di confusione
Il genere Flammulina comprende diverse specie, anche se Flammulina velutipes è quella più conosciuta e studiata. Simili per caratteri morfologici e anch’esse commestibili, sebbene meno frequenti, nel territorio italiano si possono trovare: Flammulina fennae (con un cappello dai toni più chiari, tendenti al biancastro), Flammulina elastica (di dimensioni più ridotte e con un gambo meno vellutato), Flammulina ononidis (una specie rara, che cresce principalmente in associazione con residui vegetali di Ononis spinosa) e Flammulina rossica (rara o raramente studiata, e probabilmente più diffusa nelle aree montane del nord Italia). Facendo riferimento generico al nostro agarico vellutato o fungo dell'olmo, Flammulina velutipes può essere grossolanamente scambiata anche con altre specie fungine lignivore, alcune delle quali anche tossiche. In inverno, esemplari coraggiosi dell'agarico zolfino, falso chiodino o Hypholoma fasciculare possono fruttificare e presentarsi con colorazioni del cappello più aranciato cariche, ma non sono mai ricoperte di un velo viscoso traslucido; inoltre il gambo è di colore giallo, le lamelle sono grigio-verdastre e il sapore delle carni è amarognolo. La velenosa mortale Galerina marginata è un fungo di dimensioni più ridotte e dalla consistenza più fragile; presenta un piccolo anello biancastro sul gambo, lamelle e sporata color ocra, odore delle carni farinaceo. La commestibile Kuehneromyces mutabilis, molto simile alla mortale Galerina marginata, può fruttificare fino alle soglie della primavera: rispetto a Flammulina velutipes, il cappello ha tonalità più calde, tendenti al miele, ed è spesso ornato da un velo sottile, ma non traslucido; le lamelle sono biancastre e poi ocracee; il gambo, inoltre, è bruno-giallastro, dotato di un anello e ricoperto da squamette nel terzo inferiore.

Kuheneromyces mutabilis, una specie abbastanza frequente nella stagione primaverile. Enokitake: la sua forma "coltivata"
Flammulina velutipes non è solo un fungo selvatico affascinante, ma anche una specie largamente coltivata per scopi alimentari. Nella sua versione commerciale, è conosciuta con il nome di "enokitake" ed è particolarmente apprezzata in Giappone, Corea e Cina, dove rappresenta un ingrediente cardine della cucina tradizionale. La forma coltivata (ad oggi, nota anche come Flammulina filiformis) si presenta molto diversa da quella selvatica: gambi sottili, lunghi e bianchi, e cappelli così piccoli da essere quasi impercettibili. La forma caratteristica dell’enokitake è il prodotto di tecniche specifiche di coltivazione che alterano le caratteristiche naturali del fungo, come ad esempio la crescita al buio o con luce minima, che, inibendo la produzione di pigmenti (come i carotenoidi), responsabili della colorazione aranciata del cappello nella forma selvatica, induce la crescita di esemplari completamente bianchi. Inoltre, durante la coltivazione, l’aria viene mantenuta con livelli di CO₂ artificialmente elevati. Questa condizione stimola l’elongazione dei gambi, un fenomeno noto come "etiolazione": l’aumento della CO₂ simula l’ambiente in cui il fungo competerebbe per la luce, spingendolo a crescere verso l’alto alla ricerca di una fonte luminosa. Infine, i funghi vengono coltivati in contenitori stretti, come bottiglie o cilindri, che limitano lo spazio disponibile e favoriscono la crescita lineare dei gambi, evitando che si sviluppino lateralmente o che i cappelli si espandano completamente.
💡Cosa determina queste differenze? Le variazioni morfologiche tra la forma selvatica e quella coltivata dell’enokitake sono il risultato della plasticità fenotipica di Flammulina velutipes. Questo fenomeno permette al fungo di modificare il proprio sviluppo in risposta all’ambiente. In natura, la luce, il libero spazio e la competizione per le risorse determinano l’aspetto robusto e pigmentato della specie. In coltivazione, invece, l’assenza di stimoli esterni e le condizioni artificiali portano alla forma lunga, bianca e delicata dell’enokitake.
Enokitake, forma coltivata di Flammulina velutipes, ad oggi nota come Flammulina filiformis. @index Veramente interessante! Non pensavo che l’aspetto potesse cambiare così tanto se coltivato! Poi a volte d’inverno vorrei avere anch’io le AFP! 🥶