Vista la seconda puntata di Sandokan.
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Vista la seconda puntata di Sandokan. Confermo che, per adesso, la nuova versione segue più o meno l'argomento originale; ci sono dei cambiamenti importante nei dettagli degli episodi, ma non tradiscono lo spirito originale dell'opera ne le caratteristiche che Salgari diede ai personaggi (tranne in quel caso di cui parlavo nel toot precedente). Queste modificazioni fanno più agile la narrazione sul medio televisivo e hanno un secondo effetto: rendono il contenuto più interessante per chi già conosce la storia, sia per la versione del 1976, sia per la lettura de l'opera originale.
Trovo molto interessanti le variazioni applicati al personaggio di James Brook, molto più simile al Brook storico che a quello ideato da l'autore. Infatti, queste modificazioni non entrano in contrasto con l'ambientazione storica, ma rendono la serie più interessante. Anche questo Brook ha più sfumature di quello interpretato da Adolfo Celi.
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Vista la seconda puntata di Sandokan. Confermo che, per adesso, la nuova versione segue più o meno l'argomento originale; ci sono dei cambiamenti importante nei dettagli degli episodi, ma non tradiscono lo spirito originale dell'opera ne le caratteristiche che Salgari diede ai personaggi (tranne in quel caso di cui parlavo nel toot precedente). Queste modificazioni fanno più agile la narrazione sul medio televisivo e hanno un secondo effetto: rendono il contenuto più interessante per chi già conosce la storia, sia per la versione del 1976, sia per la lettura de l'opera originale.
Trovo molto interessanti le variazioni applicati al personaggio di James Brook, molto più simile al Brook storico che a quello ideato da l'autore. Infatti, queste modificazioni non entrano in contrasto con l'ambientazione storica, ma rendono la serie più interessante. Anche questo Brook ha più sfumature di quello interpretato da Adolfo Celi.
La visione della terza puntata di Sandokan chiarisce ogni dubbio: stiamo davanti a un'opera liberamente ispirata al romanzo di Salgari, più che a un libero adattamento. Infatti, i personaggi, pur mantenendo i tratti basici delle loro personalità disegnate dell'autore, hanno un sottofondo e, prevedibilmente, avranno delle evoluzioni molto più vicine a una ipotetica realtà storica che all'immagine tardo romantica plasmata sull'opera originale (sempre tranne «quel» personaggio a cui alludevo nel primo toot di questo filo).
Così, se nella puntata precedente era James Brook il personaggio a delinearsi come più vicino a quello storico che alla sua versione letteraria, in questa è stato il turno di Yanez de Gomera: per il compagno della Tigre della Malesia si è costruito un passato compatibile con la presenza storica dei portoghesi nell'Asia. Se non ricordo male, Salgari non dà nessuna informazione sulla vita di questo personaggio primi di unirsi a Sandokan; questi elementi, però, gli danno profondità e potrebbero rivelarsi produttivi dal punto di vista narrativo.
Anche per il protagonista si conferma una personalità (almeno, inizialmente) molto meno romantica da quella dei romanzi. Infatti, lì, il pirata malese decideva di andare a vedere di persona La Perla di Labuan dopo aver sentito parlare della sua bellezza (in una specie d'impulso romantico che finisce nel tipico colpo di fulmine). Qui, invece, l'incontro fra i due futuri innamorati è casuale e, nei primi giorni, non c'è nessuna connessione romantica fra di loro. E, d'altro canto, il Sandokan finora mostratoci dalla nuova serie è un pirata «storico» (interessato soltanto a rubare dei soldi e a proteggere la sua ciurma), lontanissimo dall'ideale pirata «romantico» (vendicativo nei confronti degli inglesi, che gli strapparono il regno e la famiglia quando era piccolo; idealista lottatore per la libertà propria e altrui, ecc.) che conosciamo dai romanzi e dalla vecchia serie. E, come nel caso di Yanez, tutte queste modifiche ci portano a intuire possibili evoluzioni del personaggio e i suoi effetti sull'argomento.
E, come si vedeva già chiaramente dall'inizio, l'argomento è molto diverso da quello costruito da Salgari (ma qui preferisco non entrare in datagli).
Dal punto di vista televisivo, si tratta d'un prodotto d'intrattenimento ben costruito, adatto al pubblico odierno ma anche per quello che conosce sia i romanzi di Salgari sia l'antica serie: visto che, narrativamente, è così diversa da quelle opere, si conserva il fattore sorpresa, sempre importante per attirare l'attenzione del pubblico.
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La visione della terza puntata di Sandokan chiarisce ogni dubbio: stiamo davanti a un'opera liberamente ispirata al romanzo di Salgari, più che a un libero adattamento. Infatti, i personaggi, pur mantenendo i tratti basici delle loro personalità disegnate dell'autore, hanno un sottofondo e, prevedibilmente, avranno delle evoluzioni molto più vicine a una ipotetica realtà storica che all'immagine tardo romantica plasmata sull'opera originale (sempre tranne «quel» personaggio a cui alludevo nel primo toot di questo filo).
Così, se nella puntata precedente era James Brook il personaggio a delinearsi come più vicino a quello storico che alla sua versione letteraria, in questa è stato il turno di Yanez de Gomera: per il compagno della Tigre della Malesia si è costruito un passato compatibile con la presenza storica dei portoghesi nell'Asia. Se non ricordo male, Salgari non dà nessuna informazione sulla vita di questo personaggio primi di unirsi a Sandokan; questi elementi, però, gli danno profondità e potrebbero rivelarsi produttivi dal punto di vista narrativo.
Anche per il protagonista si conferma una personalità (almeno, inizialmente) molto meno romantica da quella dei romanzi. Infatti, lì, il pirata malese decideva di andare a vedere di persona La Perla di Labuan dopo aver sentito parlare della sua bellezza (in una specie d'impulso romantico che finisce nel tipico colpo di fulmine). Qui, invece, l'incontro fra i due futuri innamorati è casuale e, nei primi giorni, non c'è nessuna connessione romantica fra di loro. E, d'altro canto, il Sandokan finora mostratoci dalla nuova serie è un pirata «storico» (interessato soltanto a rubare dei soldi e a proteggere la sua ciurma), lontanissimo dall'ideale pirata «romantico» (vendicativo nei confronti degli inglesi, che gli strapparono il regno e la famiglia quando era piccolo; idealista lottatore per la libertà propria e altrui, ecc.) che conosciamo dai romanzi e dalla vecchia serie. E, come nel caso di Yanez, tutte queste modifiche ci portano a intuire possibili evoluzioni del personaggio e i suoi effetti sull'argomento.
E, come si vedeva già chiaramente dall'inizio, l'argomento è molto diverso da quello costruito da Salgari (ma qui preferisco non entrare in datagli).
Dal punto di vista televisivo, si tratta d'un prodotto d'intrattenimento ben costruito, adatto al pubblico odierno ma anche per quello che conosce sia i romanzi di Salgari sia l'antica serie: visto che, narrativamente, è così diversa da quelle opere, si conserva il fattore sorpresa, sempre importante per attirare l'attenzione del pubblico.
(Intanto prendo una decisione su se trasferire o meno questi testi al mio nuovo blog, ecco il commento sulla quarta puntata di Sandokan.)
Nella quarta puntata, si consolida un quartetto di personaggi femminili, di cui soltanto uno è presente nell'opera originale. Nei romanzi d'avventura d'un secolo fa, le figure femminili erano spesso assenti (in molte opere di Jules Verne, per esempio, non ve ne compare nessuna) o, al massimo ― come fece Salgari in questa saga ― costituivano un "motore immobile", ossia la causa scatenante dell’azione narrativa, senza però prendere mai l'iniziativa.
In una serie televisiva del ventunesimo secolo, una simile impostazione sarebbe impensabile: la critica femminista si accanirebbe sul prodotto al punto da renderne impossibile la prosecuzione. Probabilmente per questo gli sceneggiatori hanno popolato la serie di numerosi personaggi femminili e hanno rivisitato quello già esistente nell’originale.
Tra i personaggi inventati, trovo molto credibile e interessante zia Frances (assente in questa puntata), e anche molto utile dal punto di vista narrativo: ci mostra il ruolo della donna nella società coloniale inglese, ci lascia intuire le aspettative sulla nipote e, forse ancor più importante, ci funge da contrasto al carattere e alle ambizioni di quest’ultima. Una bella trovata, a mio parere.
D'altro canto, fin dall’inizio della serie, Sani, antica serva di Lady Marianna, ha acquistato un grande rilievo. Infatti, è la sua voce a chiarire scopi e motivazioni degli altri personaggi e, al tempo stesso, a preannunciare i cambiamenti che (secondo me) attraverseranno. Ci fornisce inoltre informazioni utili a comprendere la società malese e l’impatto del colonialismo britannico. Un’altra invenzione ben riuscita degli sceneggiatori.
Infine, Hita è il terzo personaggio femminile creato "ex novo". La sua forza risiede in ciò che ha già fatto: crescere Sandokan, forgiandolo come uomo. È per lei che lui diventa pirata. Hita ha un grande ascendente sul protagonista, ma influisce anche su altri personaggi (Yanez, che la rispetta e forse l’ammira; Lady Marianna, pur conoscendola appena). Anche di lei non c’è traccia nel romanzo originale e sembra aggiunta per equilibrare la presenza femminile con quella maschile, costruendo così una narrazione più adatta ai nostri giorni.
E poi c’è Lady Marianna, ovviamente, l’unica presente nel romanzo di Salgari, la cui importanza non bisogna commentare. Ma per ora non mi addentrerò nella sua figura.
Sempre in questo intento de modernizzare la storia, verso la fine dell’episodio c’è un «momento Bollywood» in cui tre di queste donne (e altre comparse femminili) svolgono un ruolo chiave. A differenza delle tipiche scene di ballo del cinema indiano, però, questa danza non ci mostra un corteggiamento aggressivo da parte dei personaggi maschili né una sfida coreografica tra pretendenti. Si tratta invece d'un momento festivo che, sotto la direzione e il comando delle donne, tutti ― uomini compresi ― cercano di vivere con gioia, dimenticando per qualche istante problemi e differenze. Un'altra risorsa narrativa, dunque, per equilibrare due visioni del mondo, quella femminile e quella maschile.
Tutte queste aggiunte e modifiche nei mi confermano (per adesso) la intuizione iniziale: il nuovo Sandokan è un prodotto pensato per il mercato (in prima istanza, qui avevo scritto «pubblico», ma dopo mi sono accorto che i produttori non pensano in termine di pubblico ― quello lo farebbe uno scrittore, uno artista ― ma di mercato) del ventunesimo secolo. I creatori hanno mantenuto solo gli elementi minimi indispensabili per rivendicare quel nome mitico, garanzia di visibilità e di un largo seguito di spettatori curiosi di rivedere i di rivivere il Sandokan della loro giovinezza. Possiamo quindi dedurre che non c’è mai stata l’intenzione d'essere fedeli né alla serie del 1976 né ai romanzi di Salgari.
Della bontà o meno di questa scelta parleremo (forse) un’altra volta. Per ora, non ci resta che attendere di vedere (e di godere, spero) le restanti quattro puntate.
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